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Forte della Madonna degli Angeli (Savona) 27 Dicembre 1943

Savona fu la prima città della regione, in ordine di tempo, a subire una grossa rappresaglia nazifascista.

Nel periodo delle feste natalizie la lotta nel savonese aveva del resto raggiunto una fase di acutezza che forse nelle altre province liguri doveva ancora verificarsi .

Il moltiplicarsi dei minacciosi bandi germanici in materia civile e militare e delle più severe restrizioni economiche, le spedizioni punitive effettuate dagli squadristi, ma soprattutto le notizie dei duri rastrellamenti iniziati contro i gruppi partigiani di montagna e il rincrudire della repressione poliziesca contro gli scioperanti del 21 dicembre Impegnavano le G.A.P. cittadine ad accentuare l’attività in campo militare aumentando le azioni armate contro i collaborazionisti e le truppe occupanti.

La sera del ventitré dicembre una bomba di notevole potenza, lanciata nella “Trattoria della Stazione” (luogo di ritrovo, in via XX settembre, di fascisti e tedeschi) causò 5 morti e 15 feriti (tra questi ultimi uno dei più noti collaborazionisti lo squadrista Bonetto accanito persecutore degli antifascisti savonesi).

Dopo avere immediatamente disposto il coprifuoco dalle ore 18 e la chiusura di cinema teatri e locali pubblici le autorità germaniche, anziché permettere ai fascisti una incontrollata azione di rappresaglia, suggerirono l’opportunità di dare un maggior rilievo all’avvenimento con una “punizione esemplare” che consentisse di approfittare della circostanza per eliminare alcuni tra gli antifascisti di maggior prestigio politico locale .

Naturalmente tale compito venne lasciato alle autorità italiane di polizia e ai fascisti i quali, dopo aver inutilmente offerto 100.000 lire di premio per chi avesse fornito notizie sugli autori e sui mandanti dell’attentato, precedettero (per iniziativa del capo della provincia Mirabelli) nella stessa notte dal 23 al 24 dicembre ad effettuare numerosi arresti di cittadini sospettati di avere sentimenti antifascisti.

Ma gli obiettivi sulle persone da colpire erano già abbastanza precisi: la questura savonese procedette, infatti, quasi contemporaneamente, in collaborazione con quella di Genova a far tradurre a Savona dalle carceri di Marassi (dove si trovava da 2 mesi) l’avvocato Cristoforo Astengo, esponente del movimento Giustizia e Libertà; la sera stessa del 25 si aggiunse alla lista degli arrestati un esponente del movimento cattolico, l’avvocato Renato Wuillermin, di Finale Ligure. A Quiliano si ricercava intanto all’avvocato Vittorio Pertusio che sfuggi miracolosamente alla cattura.

I fascisti tenevano intanto concitate riunioni in Federazione nel corso delle quali squadristi e militi chiedevano a gran voce che si desseo un duro esempio.

Fu durante una  di queste riunioni, e precisamente il mattino del giorno di Santo Stefano che viene redatta la lista di 7 antifascisti da deferire al Tribunale Militare Straordinario quali “mandanti morali” dell’attentato di via XX settembre.

Il mattino del 27 dicembre, alle 4, vennero così prelevati dal carcere di Sant’Agostino, (incatenati tra loro in due gruppi) e condotti, su un furgone della questura, alla caserma della milizia in corso Ricci, gli antifascisti :

Cristoforo Astengo avvocato di 56 anni
Renato Willermin avvocato di 47 anni
Francesco Calcagno contadino di 26 anni
Carlo Rebagliati falegname di 47 anni
Arturo Giacosa prima operaio di 38 anni
Amelio bolognesi soldato di 31 anni
Aniello Savarese soldato di 21 anni

La sentenza di morte venne pronunciata frettolosamente nella sala del comando della milizia. Gli imputati non vennero interrogati ne fu loro contestato alcun reato. Tanto meno venne loro permesso di discolparsi; Non vennero escussi testi di accusa o a difesa .
Alle 6 il furgone poteva già ripartire con i condannati verso il forte di Madonna degli Angeli dove li attendeva un plotone di esecuzione formato da 40 militi. Anziché essere esposti al tiro dei fucili del plotone, i condannati, sempre incatenati gli uni agli altri, vennero invece obbligati (dal seniore della milizia Rosario Privitera) a voltare la schiena e furono falciati dalle raffiche di un fucile mitragliatore manovrato da 3 militi. Le sventagliate fecero cadere le vittime gli uni sugli altri; Alcuni tra cui Astengo, Calcagno, Rebagliati, soltanto feriti. Fu il brigadiere di pubblica sicurezza Cardurani che li finì a revolverate scaricando poi l’arma sui corpi già privi di vita degli altri caduti.
La gravità dell’eccidio venne subito denunciata alla cittadinanza da un volantino emesso dal C.L.N.
Venne anche effettuato un breve sciopero di protesta nelle fabbriche di Savona e di Vado Ligure.
Un grande senso di sbigottimento e di dolore pervase le forze antifasciste liguri e la cittadinanza .

fonte: Cronache Militari della Resistenza in Liguria di Giorgio Gimelli

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