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Eccidio de La Squazza – 15 Febbraio 1945

Il 14 febbraio ’45 un alpino della Monterosa, certo Mantovani, si trovava in località La Squazza (comune di Borzonasca), diretto verso il passo della Forcella, dove era dislocato un contingente di alpini. Alcuni partigiani lo riconobbero come colui che avevano visto posare il sistema di mine attorno al caposaldo della Forcella. Decisero allora di catturarlo per farsi rivelare il funzionamento e l’ubicazione esatta del campo minato e organizzarono un agguato. Ma, mentre gli si intimava il “mani in alto!”, apparvero sulla strada un gruppo di militari tedeschi e ne nacque un conflitto a fuoco, nel corso del quale vennero colpiti a morte il Mantovani (probabilmente colpito proprio da un nazista) e un tedesco. I partigiani non accusarono perdite.

La rappresaglia dei nazi-fascisti fu immediata e feroce. Dalle carceri di Chiavari vennero presi dieci partigiani che, trasportati su un camion alla Squazza, vennero trucidati. Nove di questi erano della Divisione “Coduri”, uno della Brigata “Berto” (Div. “Cichero”).

L’allora vice commissario della “Coduri”, “Miro” racconta che i dieci partigiani fucilati vennero lasciati per ben tre giorni alla vista di tutti, col divieto a chiunque di provvedere alle esequie. La proprietaria dell’albergo de La Squazza tuttavia si era avvicinata ai martiri per cercare di portare loro un qualche, vano, aiuto. Proprio “Miro”, giunta la notizia, venne incaricato assieme a “Baffo”, inviato dal Comando di Zona, di recarsi sul luogo dell’eccidio per procedere al riconoscimento delle salme.

Arrivati in prossimità de La Squazza fortunosamente, dopo essere stati fatti segno dei tiri di mortaio degli alpini della Forcella, i due partigiani usufruirono della guida di un’anziana signora del luogo e la figlia, incontrate sul sentiero, che collaborarono con loro fino a farli avvicinare al luogo della strage. Queste le parole di “Miro”:

«La scena che si presentò ai nostri occhi era veramente straziante: 10 corpi inanimati distesi sulla strada a ridosso del muro, abbandonati. Alcuni erano riversi, altri supini. Rimosse le salme, la prima che attirò la mia attenzione fu quella di “Titti” perché indossava una giacca a vento che gli diedi qualche tempo prima perché privo di indumenti invernali…»

Dopo tre giorni le povere salme vennero seppellite sul luogo della fucilazione e, per potere successivamente riconoscerli, si misero nelle casse tante bottigliette di gassosa vuote contenenti un biglietto col nominativo di ciascuno.

Queste le dieci vittime:

  1. Acquario Fortunato “Ercole” nato il 25/09/’24 a Carasco, Div. “Coduri”
  2. Annuti Vittorio “Califfo” nato il 01/05/’21 a Castiglione Chiavarese, Div. “Coduri”
  3. Beorchia Otello “Venti” nato il 22/11/’14 a Arta (Ud), Div. “Coduri”
  4. Berretti Armando “Quattordici” nato il 21/04/06 a Sant’Anna di Stazzema, Div. “Coduri”
  5. Betti Augusto “Titti” nato il 23/10/’24 a Ponte dell’Olio (Pi), Div. “Coduri”
  6. Colombo Renato “Pesce” nato il 27/02/’25 a Vedano al Lambro (MB), Div “Coduri”
  7. Deambrosis Giovanni “Cian” nato il 06/03/’23 a Sestri Levante, Div “Coduri”
  8. Labbrati Erminio “Spalla” nato il 03/12/’28 a Genova, Div. “Coduri”
  9. Mori Domenico “Lanzi” nato il 23/08/’23 a Sestri Levante, Div. “Coduri”
  10. Noceti Ubaldo “Cobak” nato il 04/12/’22 a Lavagna, Div. “Coduri”

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