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Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
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Eccidio di Cravasco

L’Eccidio di Cravasco è stato il primo appuntamento cancellato (o meglio, rimandato) per l’emergenza coronavirus. Abbiamo deciso, in attesa di poterci tornare ad incontrare sui luoghi della memoria della Resistenza, di pubblicare un ricordo di quei fatti e di quei partigiani, con le parole di Massimo Bisca, presidente di ANPI Genova, in una precedente commemorazione.
Condividete! #pernondimenticare #memoria #75Liberazione

Cravasco, 25 marzo 2018
Autorità, cari amici , cari compagni
Antibo Oscar (Lauri) nato il 12/02/1908 a Savona 37 anni; intendente della Div. Garibaldina. Gin Bevilacqua , militante comunista. Catturato in un’imboscata dai fascisti della San Marco il 24/9/44 (ferito al braccio che gli sarà amputato)
Bellegrandi Giovanni (Annibale) nato nel 1919 a Brescia, 25 anni;ingegnere e sottotenente della divisione Centauro dell’esercito. Era istruttore militare org.Otto . Arrestato il 19 gennaio 45 dalle SS(torturato)
Bernardi Pietro, nato il 14/03/1910 a Durrmenz (Germania), 35 anni diu Rivarolo; Brg. Sap Jori
Bianchi Orlando (Orlandini), nato il 19/09/1900 a Genova 44 anni; ex capitano del genio , del CLN di USCIO collaboratore militare C.M.R.L., comandante SAP Matteotti di Voltri. Arrestato il 6 dicembre 1944 (torturato)
Bignotti Virgilio (Franchi), nato il 31/08/1888 a Biella;56 anni, ex maggiore dell’esercito, capo di stato maggiore de comando delle brigate Sap genovesi. Arrestato nei primi giorni di dicembre ’44( Torturato).
Bo Cesare (Emilio), nato il 17/12/1924 a Sampierdarena (Ge)21 anni;impiegato all’Ansaldo Elettrotecnico, menbro Brg. Sap Buranello
Boido Pietro (Pierin) nato il 12/12/1914 a Nizza Monferrato (Al)30 anni di Sestri Ponente; operaio al cantiere Navale di Sestri P., Gappista e militante comunista poi alla Brg.Sap Alprom .Arrestato in casa dalle Brigate nere l’8 gennaio ’45.Torturato
Campi Giulio (Cesare) nato il 07/02/1897 a Spezia, 53 anni di Rivarolo; militante comunista,capo reparto dello stabilimento Ansaldo Vittoria ( oggi porta il suo nome), membro del C.M.R.L. e condirettore ufficio lanci . Arrestato nel dicembre ’44 e torturato .
Capitò Gustavo (Fermo) nato il 07/02/1897 a Spezia;48 anni ex tenente colonnello, del Partito d’Azione, del comando militare CLN Savona e Capo servizio informazioni C.M.R.L. Arrestato nel dicembre’44 e torturato.
Carù Giovanni, nato il 22/12/1912 a Ferno (Va);32 anni, Brg.Sap Centro città
Dattilo Cesare (Oscar) nato il 11/09/1921 a Cogoleto (Ge)23 anni; operaio meccanico aggiustatore dell’Ansaldo San Giorgio di Sestri Ponente, militante del comitato d’agitazione clandestino organizzatore di tanti scioperi.Fuggito in montagna dopo essere sfuggito alla deportazione del 16 giugno ’44, comanda un distaccamento sopra Tiglieto diventa Comandante Brg. assalto Buranello Div. Mingo, catturatoil 9 dicembre ’44 dai fascisti e torturato.
Goso Giacomo nato il 04/08/1895 a Bardineto (Sv)49 anni; giudice del tribunale di Savona del partito d’Azione della Brg. Giustizia e Libertà Savona, arrestato il 13 dicembre ’44.
Malinverni Giuseppe (Otto) nato il 08/04/1925 a Rivarolo (Ge)19 anni; prima gappista a Sampierdarena, va in momtagna nella 3^ brigata Liguria, sfuggito all’eccidio della Benedicta torna in città e diventa Vicecomandante Brg. Sap Buranello. Arrestato dalle brigate nere nel gennaio ’45, torturato.
Panevino Nicola (Silva) nato il 13/07/1910 a Carbone (Pz);34 anni, giudice nel tribunale di Savona. Membro del CLN per il Partito d’Azione Brg. Gl. Savona che porterà il suo nome. Arrestato 15 dicembre ’44 e torturato Med. Argento al valor militare
Quartini Renato (Tino) nato il 27/09/1923 a Ronco Scrivia; di Certosa 21 anni di Certosa; disegnatore meccanico dell’Ansaldo Elettrotecnico, Comunista dei Gap, comandante squadre d’azione Fronte della Gioventù catturato durante l’azione da lui diretta per liberare Riccardo Masnata, gappista ferito e piantonato all’ospedale San Martino. Per un guasto al furgone che si fermò all’altezza della caserma della X^ Mas , ferito nello scontro a fuoco subisce l’amputazione di una gamba.
In questa azione partecipò Albertina Maranzana ed il Prof Santi che era attivo nei GAP.
Quartini è Med.Oro al Valor militare
Riberti Bruno nato il 06/11/1926 a Migliarino (Fe)di Certosa; 18 anni. Operaio dell’Ansaldo Artiglieria a Fegino Brg Sap Jori era anche lui con Quartini e pure lui rimase ferito nello scontro e ricoverato a San Martino per la perforazione dello stomaco(mio padre mi portò da bambino quassù e mi racconto che lui conosceva parenti di questo ragazzo in Emilia nato a 2 km da dove son nato io)
Salvestrini Ernesto (Amilcare) nato nel 1923 a Marina di Massa (Ms); 22 anni studente,radiotelegrafista. Arrestato durante una missione a Nervi .
• C’era stato uno scontro a fuoco con la Brigata Balilla ed erano morti in un regolare combattimento dei soldati tedeschi e nonostante il comandante in capo della Wermacht lo avesse proibito si decise la rappresaglia su Ordine del colonnello Engel che nonostante la condanna del tribunale di Torino nel 1999 non ha mai fatto un giorno di prigione e non si è mai pentito.
Originariamente le vittime designate sono venti. Quindici prelevate direttamente dalle celle della IV Sezione del carcere di Marassi, le rimanenti provenienti dall’infermeria del penitenziario, dove sono ricoverati in seguito alle gravi ferite riportate durante il tentativo di liberare Riccardo Masnata.
In una di quelle celle c’era Bozzo Andrea dell’Ansaldo che mi ha raccontato che con lui c’era un ragazzo, giovane, uno di quelli che chiamarono in quella notte. Non era un ansaldino ( erano sei) ma lui sapeva che lo portarono a Cravasco e si è sempre domandato qual’era il suo nome.
E qui lasciatemi dire attraverso i ricordi di Diodati, perché tutte le volte che sono venuto alla commemorazione dell’eccidio di Cravasco, al di là di chi era oratore alla manifestazione, anche se un nome di prestigio, guardavo sempre lui, Franco, era questo il suo nome di battaglia.
Diodati, muto, seguiva la manifestazione, molte volte si stringeva al soprabito, alzava il bavero e stava in silenzio, con gli occhi guardava lontano.
Sono convinto che riviveva quei momenti drammatici con la chiamata dei 20 destinati alla fucilazione dopo le torture e le sevizie subite dai tedeschi e con più crudeltà dai fascisti e poi il camion col quel lungo percorso nella città addormentata .
Sono partiti dal carcere di Marassi e hanno attraversato la città verso Sampierdarena e la lenta salita su per la Val Polcevera, a Certosa due prigionieri riescono a saltare giù dal camion salvandosi sono Luise Tristano e Bindi Eugenio,Sono felici per loro ed iniziano a cantare a squarciagola.
Sono quasi tutti “Compagni” e gridano quasi, quei testi di canzoni di lotta, inni rivoluzionari che escono dai loro petti e si sentono forti.
I tedeschi li colpiscono coi calci dei fucili e con le suole degli stivali, ma come dice Franco “ mica ci possono fucilare più di una volta !” guardano questi uomini, giovani che cantano e sono stupiti, non capiscono.
Chiedono però il numero delle loro scarpe per poter portagliele via una volta che saranno morti.
Quartini riconosce la strada di casa e pensa alla famiglia che è tutta impegnata nella cospirazione.
Arrivano a Pontedecimo e poi Isoverde, e poi sono fatti scendere e, a piedi salgono verso il cimitero di Cravasco.
A Quartini al quale è stata amputata una gamba ( pensare che la sera prima era contento perchè sapeva che i suoi genitori gli dovevano portare la protesi e saranno la stessa mattina della fucilazione dal carcere a chiedere di entrare per dare la protesi all’infermeria.
A Quartini è tolta la stampella e a turno, Franco compreso, lo aiutano a salire lassù addossati al muro, gli spari, il cielo, il verde, la natura che lo circondava, un inno alla vita, invece andavano incontro alla morte ma sereni.
Prima di sparare i loro carnefici gridarono” “Farabutti, adesso non griderete più viva l’Italia ed abbasso il fascismo!”.
Dopo la sparatoria, ha raccontato “sentivo colarmi addosso il sangue caldo dei compagni appena fucilati ed i colpi di grazia sparati dai tedeschi sugli agonizzanti. Campi morì per ultimo in una lenta agonia.
Non vedevo nulla, perché ero tra i corpi di quelli ammazzati, i nazisti credevano che ero stato colpito a morte, così mi salvai nell’eccidio”.
Arrigo era nato a La Spezia il 25/5/1926 da genitori antifascisti, che con tutta la famiglia al seguito si erano trasferiti a Parigi nel 1937 e li fanno parte dell’opposizione all’estero.
Dopo l’invasione della Francia da parte della Germania nazista, Arrigo si impegna in azioni di supporto ai maquisards francesi.
Rientrato in Italia dopo l’8 settembre, organizza a La Spezia il Fronte della Gioventù; poi, assume l’incarico di vice commissario politico delle brigate SAP “Garibaldi” che operavano in città a Genova.
Guarito dalle ferite ha ripreso a combattere nella brigata “Pio”, divisione “Mingo”, con la quale partecipa alla liberazione di Genova.
Tutto questo io lo rivedevo specialmente quando si andava a depositare una corona e dei fiori dove c’è la lapide con la poesia di Firpo in dialetto genovese.
Ogni volta stavamo tutti qualche secondo di più, e lui stava lì, rileggeva quei nomi, deglutiva più volte, io penso che rivedesse quei corpi caduti a terra come stracci, e poi, con gli occhi lucidi, prima di girarsi, faceva qualche passo indietro e scendeva, un po’ più piegato su se stesso, più curvo, non per gli anni, ma come se ogni volta ricadessero sulle sue spalle quei morti, l’infamia della rappresaglia.

Proprio per questa sua esperienza che lo ha portato così vicino alla morte, credo sia stato capace di sviluppare tutte quelle iniziative che fossero un inno alla vita, da qui le sue capacità di aggregare tanti giovani nella vita all’aria aperta con la cultura grazie alla nascita dell’Arci-Uisp ed al fatto che, in tanti anni della sua esperienza di dirigente di quella associazione, sia riuscito a fare incontrare tante ragazze e ragazzi provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo.
Chi ne ha la possibilità riveda il video che è stato fatto in occasione del 50° dell’ARCI e vedrebbe quel lungo “filo rosso” ( è anche il titolo del dvd) che è la sua storia, di giovane, di comunista, di un cittadino italiano che per tutta la vita si è battuto per ideali straordinari, senza dei quali il nostro Paese difficilmente potrà uscire migliore dalla crisi economica sociale etica e politica che attraversa.
Oggi, uno dei nostri compiti fondamentali è ricordare a tutti, perché pare che sia stia dimenticando, la più alta lezione che ci hanno trasmesso i partigiani: saper fare unità.
I partigiani la seppero costruire ogni giorno,con tutti coloro che combattevano il fascismo e il nazismo quale che fosse la loro opinione politica e la loro condizione sociale: che avessero o no un’idea politica; che fossero comunisti, cattolici, liberali, socialisti, monarchici e quant’altro.
E chi oggi dipinge la Resistenza come di una parte, dice una cosa falsa, non dice la verità storica.
E sta proprio in quell’unità la carta vincente di quella LOTTA che fu veramente lotta di popolo non di una parte del popolo.
Questa pratica di dialogo, di unità sostanziale, di obiettivi comuni da condividere e perseguire, come è noto, è stata sperimentata, oltre che nella lotta partigiana, nel lavoro Costituente e non solo.
E’ stata la carta vincente che ci ha fatto attraversare e superare i momenti difficile e gravi che a vissuto la nostra democrazia dalle fasi delle bombe fasciste a Piazza Fontana, sui Treni come l’Italicus o ALLA STAZIONE DI BOLOGNA
e poi nel periodo tragico del terrorismo con le minacce, i rapimenti. Lo dico oggi per ricordare nel 40° del rapimento di Aldo Moro e della sua morte, quei terribili giorni in cui tutta l’Italia visse quell’incubo che finì in tragedia (Le interviste ai brigatisti)
Ma ci furono le gambizzazioni e gli omicidi che hanno colpiti tanti servitori dello Stato, magistrati poliziotti, carabinieri, giornalisti dirigenti d’azienda e Guido Rossa.che ha tolto ogni dubbio sulla natura delle BR
• Ed oggi di fronte ad un nuovo scenario constatiamo come soffia, non solo in Europa e anche in Italia ,in un cielo denso di nubi nere e autoritarie
Esse diffondono i virus della violenza con episodi intimidatori e violenti che fanno perno sulla discriminazione e sull’odio verso chi bollano come diverso.
Per questo, uniti, vogliamo affermare un’altra visione delle realtà che metta al centro il valore della persona, della vita, della solidarietà, della democrazia come strumento di partecipazione e di riscatto sociale.
Sapendo che la crisi economica, non affrontata nel modo giusto, è diventata un fattore destabilizzante dei principi d’uguaglianza, libertà e democrazia, previsti dalla nostra Costituzione.
Tutto si lega: una profonda crisi economica mondiale, una crisi ricorrente di democrazia, il ritorno di varie forme di autoritarismo, lo sviluppo – in molti Paesi – di un liberismo sfrenato, ovunque la tendenza al predominio dell’economia sulle ragioni del diritto (e dei diritti). Cresce l’indifferenza e molti rinunciano all’impegno.
E’ urgente uscire dalla crisi, ma il il “come” è fondamentale.
• La ripresa non è un concetto astratto, per me significa sviluppo dell’economia, impiego programmato ed equo delle risorse, riduzione delle disuguaglianze, lotta alla povertà, allargamento dei ristretti confini attuali dell’occupazione, non fittizia o ipotetica ma verso una direzione reale e concreta, vuol dire lavoro sicuro e dignitoso. Se no, c’é la prevalenza dell’economia sul diritto e crescono le disuguaglianze sociali;
• C’è la strumentalizzazione delle preoccupazioni e delle paure di tante persone in questo momento di crisi, nazionale e internazionale, e si suggerisce la via d’uscita facile: la colpa è dell’altro, del più povero, di chi non conosci .
• E i veri responsabili invece: l’egoismo del capitale, il malgoverno, la corruzione, restano nell’ombra.
• Noi combattiamo tutto questo perché è sempre più in discussione l’effettività dei diritti, troppo spesso solo proclamati; mentre quelli reali (quelli della Costituzione) sono spesso assenti;
Per questo, sollecitiamo ogni potere pubblico e privato a promuovere una nuova stagione di giustizia sociale contrastando il degrado, l’abbandono e la povertà che sono oggi il brodo di coltura che alimenta tutti i neofascismi comunque si presentino;
non dimenticando che razzismo e fascismo sono due facce della stessa medaglia.

• Questo problema è un problema serio, che in questi ultimi anni si è sottovalutato, nonostante si sia fortemente aggravato e va considerato per quello che è: un pericolo concreto per la democrazia.
>Per completare il quadro, aggiungo una notazione specifica.

Mi riferisco alla politica che, non è sempre quella buona politica cui fa riferimento l’art. 48 della Costituzione; ed anzi, per suoi comportamenti, certe volte sbagliati, allontana i cittadini dalle Istituzione e dai partiti stessi, con gravissimi rischi per la democrazia, che invece richiede una grande partecipazione ed un impegno collettivo, dei singoli e di gruppi associati, per il bene comune.
E’ cosi che molti dicono “non mi interessa la politica, non ne voglio sapere”, ma dobbiamo ricordare a tutti che,se cosi è, saranno altri a decidere al posto loro e sarà quindi “la politica ad occuparsi di te”.
Per questo, uniti, invitiamo le Istituzioni a operare perché lo Stato manifesti pienamente la sua natura antifascista in ogni sua articolazione, impegnandosi in particolare sul terreno della formazione, della memoria, della conoscenza e dell’attuazione della Costituzione.
Che non è solo la base fondante della ns democrazia, della Repubblica, ma uno straordinario programma per il futuro del ns Paese.
Molte Amministrazioni comunali come Campomorone e anche il capoluogo, si sono espresse unitariamente nella condivisione di quei valori che sono fondanti discutendo anche animatamente.
Per questo, uniti, lanciamo un allarme democratico richiamando alle proprie responsabilità tutti i livelli delle Istituzioni affinché si attui pienamente la XII Disposizione della Costituzione (“che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista”) e si applichino integralmente le leggi Scelba e Mancino che puniscono ogni forma di fascismo e di razzismo.
Ognuno deve fare la sua parte e non dimenticare che la Costituzione italiana non è a-fascista, la Costituzione italiana è anti-fascista.(Leggetevi cosa rispondeva Aldo Moro, giovane membro della Costituente, a chi lo teorizzava) .
• Bisognerebbe che ognuno nel momento che giura su quel libro che è la Costituzione ne conoscesse anche il significato.

Nel nostro Paese già un’altra volta la debolezza dello Stato rese possibile l’avventura fascista che portò sangue, guerra e rovina come mai si era visto nella storia dell’umanità.
Forti dell’esperienza della Resistenza che ci ha insegnato che i fascismi, le stragi nere e il terrorismo si sono sconfitti con la conoscenza, con l’unità democratica, con la fermezza delle Istituzioni.
Su questi argomenti chiediamo il sostegno dei cittadini italiani con una petizione di massa che già sta avendo molte adesioni.
Un compito impegnativo, da svolgere con coerenza, nella ricerca ostinata di tutto ciò che può unire e non di ciò che isola o divide.
Ecco perche siamo qui !
In questo ci viene in aiuto l’esperienza di quelle donne e quegli uomini che ci hanno lasciato in eredità la libertà e la democrazia conquistate a duro prezzo e la cosa più importante : La Costituzione della Repubblica.
Loro hanno fatto parte di quei milioni di persone che in questo Paese si sono sempre battuti e sacrificati per dare un avvenire migliore a noi alla generazione che veniva dopo.
Per questo hanno sempre partecipato alle lotte , sapendo che se ognuno porta un granello di sabbia si possono costruire delle montagne.
Sono stati in prima fila nel difendere questo Paese e le conquiste che loro avevano raggiunto con grandi lotte e sacrifici.
• Lo hanno fatto con caparbietà e con tanta voglia di vivere, sapendo che non si può migliorare a scapito degli altri, e non rinunciando a quei valori etici e morali per i quali la loro generazione si è spesa a cominciare dalla lotta contro il fascismo per la libertà e democrazia e la loro difesa.
• Un’ azione che si è espressa col proprio lavoro, con la limpidezza delle loro idee, con la volontà di crescere insieme nell’unità e nell’impegno collettivo.
• I nostri padri e le nostre madri che sono state parte di quel grande movimento che ha fatto crescere il Paese e lo ha difeso con l’arma della democrazia , ogni qual volta che ce ne è stato bisogno.
• Nello stesso tempo hanno espresso anche tutta la loro amarezza , anche con parole forti, nei confronti di chi aveva aperto le porte alla sciatteria dei comportamenti e all’ostentazione delle volgarità e della ricchezza o cosa peggiore ha sdoganato idee e forze che erano state sconfitte dalla storia.
Non è questa l’Italia che volevamo, eppure non hanno mai smesso di avere la speranza nel cambiamento, in un vento nuovo che spazzasse via il marciume e che riaprisse il percorso di un futuro migliore alla generazione future, per questo hanno sempre lottato.
• Forse proprio per le esperienze di vita che hanno vissuto è più facile spiegarsi il loro spirito e la loro voglia di battersi.

Sapevano e sanno, e ci hanno insegnato, loro vita ce lo dimostra, che si può cadere, si possono subire degli arretramenti, ma se i cittadini sono insieme e hanno degli obbiettivi comuni e condivisi le cose sono destinate a cambiare, perché si riapre il cammino alla speranza.
• Antifascismo quindi, come medicina, chiedendo di considerarla come tale a chiunque si candidi alla guida del Paese o della cosa pubblica. Che sia scritta chiaramente nei loro programmi.
• Chiediamo alle Associazioni democratiche di inserirla fra le loro priorità e nella formazione dei loro dirigenti.
• Insomma,coniugare l’antifascismo e i valori della Resistenza con la Democrazia, come chiave di lettura della Costituzione.
E’ una sfida aperta, che va raccolta da tutti noi, senza indugi o incomprensioni, per rendere il Paese più libero e democratico.
Lo dobbiamo ai fucilati di Cravasco e al loro compagno di sventura,Franco, che si salvò da quell’eccidio ma che non li ha mai scordati nel suo impegno di vita.
Lo dobbiamo a tutti coloro che hanno dato la vita in quella lotta e a chi ha sacrificato la propria giovinezza in quegli anni.

Lo dobbiamo alla generazione delle nostre madri e dei nostri padri, che ci hanno dato la libertà in dote e non hanno mai smesso di lottare per essa.
Ma lo dobbiamo, anche e soprattutto, ai nostri figli,ai nostri nipoti, convinti come siamo che nelle radici della nostra libertà, c’è il futuro della nostra democrazia.

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