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Il monte Sella e la Brigata Balilla – 14 aprile 1945

L’attacco contro la Brigata Balilla avviene il 14 aprile, compiuto da un grosso contingente tedesco, favorito dall’opera di informatori fascisti che hanno studiato bene la zona e le posizioni dei ribelli.Ora guidano anche i reparti tedeschi all’attacco facendoli marciare su sentieri impervi e poco noti, fino ad arrivare all’improvviso in posizione sopraelevata alle spalle  dei partigiani sorprendendo la pattuglia di guardia Ramon, Lino, e Alvaro.Alle prime raffiche tedesche, Lino (Ezio Faggioni) viene colpito a morte, mentre Ramon (Vincenzo Tozzo) e Alvaro (Luciano Pagella) restano bloccati dal tiro nemico.La situazione per gli effettivi della brigata si presenta difficile perchè l’attacco è giunto imprevisto, con un rapporto di forze di almeno 5 a 1 in favore dei tedeschi.Occorre quindi che i partigiani risalgano di corsa il pendio da Sella al monte  e si attestino su una linea parallela, ma in quota più elevata, di fronte agli attaccanti.L’operazione riesce e il combattimento si sviluppa violento .
I tedeschi usano armi leggere e mortai d’ assalto con un fuoco molto intenso che batte le posizioni partigiane, dove però sono arrivati di rinforzo Luci (Luciano Zamperini vice comandante) e Mauro con un altro gruppo di effettivi. La Balilla può adesso schierare tutta la suo forza sulla linea di fuoco, anche i nuovi bazooka dell’ultimo lancio alleato, possono entrare in azione e col loro appoggio( dopo quasi un ora di combattimento) il comandate “Battista” (Angelo Scala) e i suoi cominciano una lenta ma decisa manovra di  contrattacco producendo un grande volume di fuoco.
Diversamente da altre formazioni la brigata ingaggia uno scontro frontale di vaste proporzioni e, anziché sganciarsi, riesce a costringere il nemico alla ritirata.
Quando i tedeschi cominciano a ripiegare, lo fanno da soldati addestrati, ritirandosi lentamente e continuando a contrastare l’avanzata dei partigiani che li incalzano per metterli in fuga.
In questa fase è colpito a morte Luci che , nello slancio  dell’azione, si è portato molto avanti rispetto al grosso delle formazione.
Battista è ferito alla mano destra da una granata, ma la pressione della Balilla è ormai tale da costringere gli avversari ad accelerare la ritirata avendo subito gravi perdite.
Alcune squadre inseguono i tedeschi ormai in rotta, fino alla valle della Busalletta, riuscendo a catturare quattro prigionieri.
Il successo ottenuto consente anche un ragguardevole bottino di armi, munizioni ed equipaggiamento abbandonato sul terreno dai tedeschi e viene recuperata pure una radio ricetrasmittente.
Alcuni giorni dopo , il 18 aprile, il tribunale di brigata è in grado di giudicare e condannare,dopo che ha confessato, una delle spie che hanno fornito al comando tedesco le informazioni dettagliate tramite le quali le truppe nemiche sono arrivate a così breve distanza dalle basi della Balilla.Nella settimana che segue mentre continua l’attività delle squadre contro i blocchi nemici la formazione si consolida nella struttura e nell’inquadramento, a cominciare dalla sostituzione del vice-comandante Luci , con Mauro (Emilio Colombo).
Ora la Brigata Balilla si prepara per l’ultimo balzo, balzo che la porterà a essere protagonista della liberazione di Genova, ma questa parte della storia è meglio affrontarla in altro momento.
Erano partiti come un gruppo di gappisti  nati nella maturazione delle idee antifasciste dalla loro vita nel quartiere e della Vallata del Polcevera in generale.Un’organizzazione forte, meticolosa che diventerà l’ossatura di una struttura militare fondata sul consenso e sulla solidarietà della maggioranza dei cittadini della val Polcevera e di Bolzaneto in particolare. Avevano un ruolo particolare gli esponenti dei partiti antifascisti uniti nel Cln locale e in particolare Morasso anche lui di Bolzaneto,dirigente comunista, operaio all’Ansaldo artiglieria, impegnato contro i fascisti da prima della guerra,li aiuta molto.Sono forti anche della consapevolezza di essere espressione e raccordo del mondo del lavoro con la Resistenza.
La partecipazione alla lotta armata, è stata,prima di tutto una scelta ideale e politica, sostenuta e resa possibile dallo stretto rapporto tra i lavoratori delle  fabbriche  e i quartieri popolari che li sostengono nelle lotte e in diverse occasioni partecipano agli scioperi e alle manifestazioni che dalle fabbriche si riversano in città.
Battista già nei primi giorni dopo l’armistizio aveva incitato alla lotta i suoi compagni di lavoro all’Ansaldo,con lo stesso Faggioni veniva dalla stessa fabbrica, insieme a tanti altri, partecipa con loro un dirigente, Paolo Reti.
Lo svilupparsi della lotta sociale attraverso gli scioperi  è pericoloso, è un esempio che i nazifascismi cercano di fermare da subito, ma invano. Non va mai dimenticato che i primi due operai fucilati nel dicembre del ’43, a seguito degli scioperi sono entrambi di Bolzaneto, Maffei e Livraghi. La lotta armata è un cemento che unifica e rende speciale questa formazione. Speciale nelle azioni che conduce prima  in città e poi quando diventa formazione  di montagna riunito nella brigata Jori come distaccamento Musso e prenderà il nome di Balilla Grillotti a metà agosto del ’44, dopo la sua morte. Dopo il rastrellamento di quel mese e il combattimento di Barbagelata e di Cardenosa, il reparto si è trasferito a Clavarezza in val Brevenna e poi ad Alpe. Da quella frazione, a fine settembre comincia, le azioni sulla camionale ( oggi autostrada A7) e nella zona di Crocefieschi. Ad ottobre sono a San Clemente e sostituiscono la brigata Oreste e sviluppano la loro guerriglia verso Isola del Cantone.
Sono una formazione speciale per il tipo di azioni, di sagacia e per l’abilità che hanno nel colpire e anche per una certa ironia che mettono nel loro modo di agire.
Sono una scuola di formazione partigiana, di morale, di etica.
Le grandi capacità militari di Battista sono espresse nella formula da lui adottata di suddividere il reparto in piccoli gruppi che agiscono contemporaneamente in diverse direzioni, collegati tra di loro da corrieri e facendo capo a precisi punti di riferimento.
Oltre che il rapporto con il modo contadino è fondamentale il servizio di fondovalle.
Battista scende spesso a Bolzaneto per definire nei particolari gli aspetti della attività del reparto.Ma il loro puntare sempre più spesso verso la città, rende indispensabili i rifugi cittadini dove i partigiani possono trovare riparo, prima e dopo le azioni.Sono fondamentali a Bolzaneto quello presso la Società Operaia Cattolica, nella casa di Mauro (Emilio Lucchini) e in casa di Spadoni e un’ala sotto utilizzata dello stabilimento Bruzzo.
L’attività della Balilla sarà resa possibile essenzialmente dalla fitta rete di collegamenti e punti di appoggio basati sulle squadre Sap locali che agiranno insieme agli effettivi del distaccamento con una coordinazione stretta e continua che renderà praticamente i sappiti parte integrante della formazione stessa.
Una formazione che parte da un effettivo di circa 50 unità, ma che con l’aggiunta dei circa 160 volontari delle Sap montane e cittadine, tutte dipendenti dal comando della Brigata,tutto ciò la rende una macchina organizzata ed efficace.Questo ha permesso loro di svolgere azioni che creano grossi problemi al nemico attaccato di sorpresa in zone dove si riteneva al sicuro dalle sortite partigiane e preso alla sprovvista dalla rapidità con la quale le squadre della formazione appaiono in settori diversi e lontani tra loro.
La zona della Balilla resta fuori dal grande rastrellamento dell’inverno tra il ’43 e il’44 e le pattuglie scendono in Val Polcevera, a Rivarolo,a San Quirico, a Manesseno, lanciano volantini e fermano i tram per catturare i fascisti.
Queste azioni che colpiscono anche l’opinione pubblica e impauriscono sempre più gli avversari diventano clamorose,quando provano il Bazooka  contro le finestre della caserma della GNR di Bolzaneto; quando mettono in subbuglio le postazioni nemiche di Morigallo, concentrando il fuoco di tutte le loro armi sulla caserma dei bersaglieri, o quando sabotano la ferrovia , con le Sap dello stabilimento Bruzzo,vicino san Quirico, facendo deragliare un treno, bloccando la ferrovia per diversi giorni.
La più eclatante, credo si possa dire, rimane un azione di alto livello propagandistico e psicologico. Dodici effettivi operano una “battuta di rastrellamento” a Bolzaneto il 13 marzo del ’45.Ispezionano le strade e i locali pubblici, verificando i documenti e strappando il materiale di propaganda fascista.Marciano in due colonne sugli opposti marciapiedi, finalmente dotati, da un recente lancio, di un’uniforme militare, percorrendo le strade principali della delegazione suscitando stupore e consensi fra la cittadinanza.
Ricordare tutto questo non vuol dire rievocare una storia lontana.
Guardare e intendere con chiarezza ciò che è stato, serve a comprendere bene il presente e pensare al futuro.
Con questa breve nota vogliamo rinnovare la conoscenza dei fatti per riproporre la differenza morale tra chi in quegli anni nelle fabbriche, sulle montagne e nelle città rischiava la vita per restituire all’Italia libertà e dignità e chi era agli ordini dei nazisti.
I nomi scolpiti nel marmo non sono astratti, sono storie di uomini.
Penso che per qualcuno anche oggi siano volti, sentimenti , ricordi di momenti trascorsi con loro, sogni sul futuro che sarebbe venuto dopo la guerra e delle cose che avrebbero fatto per l’avvenire che doveva essere così diverso dalla vita che avevano fatto nell’Italia segnata dal fascismo. Ricordo fra tutte Elsa Pucci dal CLN di Ansaldo per i Gruppi Difesa della Donna, che fece parte poi della “Balilla”.
Vuol dire anche ricordare le atrocità,la crudeltà dei fascisti, molte volte più duri dei nazisti stessi. L’indignazione nel vedere le case bruciate con dentro i pochi averi della gente povera di queste montagne, il bestiame ucciso o razziato.Si sono consumati atti di barbarie che dicono di quale spietata e disumana ferocia si nutriva la belva nazifascista.La guerra, le deportazioni,per una parte di loro, i campi di sterminio, sono, infatti, la logica e terribile conseguenza di un’ideologia che ha fatto dell’annientamento morale e fisico degli avversari, il suo credo.Altri sono stati trucidati tra quelle valli che scendono dall’Appennino alle spalle del mare, dove il movimento partigiano è stato vigoroso, dove forte è stata la solidarietà popolare della gente semplice e operosa e il prezzo pagato dal movimento antifascista è stato grande. Per questo occorre la memoria, per non smarrire il senso della storia, la lezione che ne deriva.

Più che altro deve restare nella memoria la riconoscenza per chi ha costruito la democrazia italiana:per gli uomini e le donne della Resistenza che con il loro sacrificio hanno riscattato l’onore e la dignità del nostro Paese.

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